La “turistificazione” dei centri storici…

La “turistificazione” dei centri storici e il cambiamento degli “working habits”: la ricerca di un approccio razionale nell’interesse della piccola proprietà immobiliare
Le problematiche circa gli affitti brevi turistici sono diventate, nel giro di pochissimo tempo, una questione di prima importanza e che ha un fortissimo impatto economico e sociale sull’abitare, sullo sviluppo delle città, sulla piccola e media imprenditorialità artigianale e commerciale storicamente legata ad un quartiere o ad una zona urbana, sulle abitudini e i ritmi di vita dei residenti “ residui”. Uno “ tsunami” a cui, more solito, il nostro paese arriva impreparato e non solo per colpa della politica che comunque sembra al momento incapace di affrontare un fenomeno certamente complesso ma dagli effetti dirompenti.
Eppure fuori dai confini nazionali già da tempo i governi e le municipalità hanno affrontato la questione, ben consapevoli della sua grande importanza.
Tutte le grandi capitali Europee, da Parigi ad Amsterdam, da Lisbona a Madrid, da Vienna a Berlino hanno messo in pratica, con risultati non sempre soddisfacenti, misure di contenimento. La Commissione Europea stima che gli affitti brevi rappresentino ¼ dell’offerta turistica globale e il Parlamento Europeo si appresta a votare tra poche settimane (il voto in seduta plenaria è previsto per il mese di ottobre 2023) una regolamentazione, che si applicherà alle piattaforme online, per definire i procedimenti di registrazione delle offerte (EU Transparency Rules Short-Term Accomodation Rentals).
Chi scrive certamente non ha nessuna intenzione di demonizzare un fenomeno che rappresenta anche un’opportunità economica importante per la proprietà immobiliare. Ma la maggioranza dei proprietari immobiliari in Italia sono “piccoli”, abitano la casa che hanno acquistato e quindi subiscono in prima persona le conseguenze negative della turistificazione: la spersonalizzazione dei quartieri, la scomparsa dei negozi di vicinato sostituiti dalle grandi catene internazionali con la conseguente omogeneizzazione della produzione, la rarefazione dei rapporti sociali e amicali per la progressiva espulsione dei nuclei familiari.
Inoltre un altro fenomeno di grande rilevanza si sta manifestando nei centri urbani: la chiusura degli uffici o il drastico ridimensionamento degli spazi adibiti ad ufficio: l’ home working nato per necessità in tempo di pandemia è oramai adottato su vasta scala ed interi edifici nei “business districts” delle grandi metropoli come New York, Londra, Mumbai sono desolatamente vuoti.
Ma lo stesso scenario sta realizzandosi anche nelle grandi aree metropolitane del nostro paese. I due fenomeni congiunti della turistificazione e del cambiamento degli “ working habits” stanno stravolgendo le fondamenta socioeconomiche delle città occidentali , fare finta di niente e aspettare che passi la nottata non sembra l’atteggiamento migliore.
E’ necessario che il Governo e il Parlamento, insieme con le associazioni della proprietà e dell’inquilinato, affrontino, con urgenza, queste emergenze ed elaborino risposte articolate ed efficaci per gestirle nell’interesse di tutti. Risposte che non siano volte solo al contenimento (per esempio il time-cap cioè la limitazione dei giorni di affitto breve o la restrinzione differenziata a seconda delle zone urbane) ma anche tese a rendere concorrenziali gli affitti a canone concordato e delle locazioni commerciali. APPC ha già pronte proposte di riforma ed è a disposizione per condividerle e per migliorarle insieme alle istituzioni e agli altri stakeholders .
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